21/06/11

Back to the Past: Hugo ne sapeva


Periodo con la testa altrove quindi ne approfitto per continuare l'opera di "ripescaggio" dal mio vecchio blog, pratica che sta sfiorando l'auto-analisi; qui si parla di quella bella personcina di Victor Hugo e di sue analisi sull'architettura (e non solo) estratte da Notre-Dame de Paris.

[..] E di seguito stralci del libro che dovrebbero far ragionare ogni buon studente di architettura. Buona lettura (non siate pigri).

E' sicuramente ancor oggi un maestoso e sublime edificio, la chiesa di Notre-Dame di Parigi. Ma per quanto sia rimasta bella invecchiando, è difficile non sospirare e non indignarsi davanti ai guasti e alle mutilazioni innumerevoli che simultaneamente il tempo e gli uomini hanno inflitto al venerabile monumento, senza alcun rispetto per Carlomagno che ne posò la prima pietra, per Filippo Augusto che ne posò l'ultima. Sulla faccia di questa vecchia regina delle cattedrali, accanto ad una ruga si trova sempre una cicatrice. Tempus edax, homo edacior. E io tradurrei volentieri così: il tempo è cieco, l'uomo è stupido. Se ci fosse dato di esaminare con il lettore , a una a una, le diverse tracce di distruzione segnate nell'antica chiesa, vedremmo che la parte minore spetta al tempo, e la peggiore agli uomini, soprattutto quelli "del mestiere", giacchè tra i guastatori di Notre-Dame non pochi in questi ultimi due secoli si sono arrogati il titolo di architetti [..].

Così fu trattata l'arte meravigliosa del Medioevo quasi in ogni paese, soprattutto in Francia. Si possono distinguere tre specie di ferite sulla sua rovina e tutte e tre l'intaccano a differenti profondità: prima di tutto il tempo, che ne ha sbreccato qua e là e arruginito dappertutto la superficie; poi le rivoluzioni, politiche e religiose, che cieche e bestiali per natura, le sono piombate addosso tumultuose, strappandole la ricca veste di sculture e ceselli, spaccando i rosoni, spezzandone le collane d arabeschi e di figurine, abbattendo statue, ora perchè mitriate, ora perchè coronate; e infine le mode, sempre più sciocche e grottesche, contribuendo una dietro l'altra, dopo le disordinate e splendide deviazioni del rinascimento, alla fatale decadenza dell'architettura.
Le mode hanno fatto più danni delle rivoluzioni [..].

[..] Questo ucciderà quello. Il libro ucciderà l'edificio. A parer nostro, tale pensiero aveva due facce. In primo luogo era un pensiero da prete, indice del terrore del sacerdozio davanti a un agente nuovo: la stampa. Era lo spavento dell'uomo di chiesa abbagliato dalla luminosa invenzione di Gutenberg. Erano il pulpito e il manoscritto, la parola parlata e la parola scritta messe in stato d'allarme dalla comparsa della parola stampata; qualche cosa di simile allo stupore di un passero che veda l'angelo Legione aprire i suoi sei milioni di ali [..]. Voleva dire: la stampa ucciderà la chiesa. Ma a nostro avviso, sotto questo pensiero, indubbiamente il primo e il più semplice, se ne nascondeva un altro più nuovo, un corollario del primo, ma meno facile a socrgersi, ma più agevolmente contestabile, un punto di vista altrettanto filosofico, non più solo del prete, ma del sapiente e dell'artista [..]. Voleva dire: la stampa ucciderà l'architettura. Infatti, dalle origini fino a tutto il XV secolo dell'era cristiana, l'architettura è il gran libro dell'umanità, la principale espressione dell'uomo attraverso i diversi stadi del suo sviluppo, sia come forza sia come intelligenza. Quando la memoria delle prime razze si sentì sovraccarica, quando il bagaglio di ricordi del genere umano divenne così pesante e così confuso che la parola, nuda e instabile, rischiò di perderne lungo il cammino, si pensò d'iscriverli al suolo nel modo più duraturo e nello stesso tempo più naturale. Ogni tradizione venne suggellata in un monumento [..].
E finalmente nacquero i libri [..]. Il simbolo aveva bisogno di espandersi nell'edificio. Allora l'architettura si sviluppò di pari passo con il pensiero umano; diventò un gigante con mille teste e mille braccia, e fissò in una forma eterna, visibile, palpabile, tutto quel simbolismo fluttuante. Mentre Dedalo, che è la forza, misurava, mentre Orfeo, che è l'intelligenza, cantava, il pilastro che è una lettera, l'arco che è una sillaba, la piramide che è una parola, messi in moto contemporaneamente da una legge di geometria e da una legge di poesia, si raggruppavano, si combinavano, si amalgamavano, scendendo, salendo, giustapponendosi sul suolo, sovrapponendosi nel cielo, fino a quando ebbero scritto, sotto il dettato dell'idea generale di un'epoca, quei libri meravigliosi che erano anche meravigliosi edifici: la pagoda di Eklinga, il Ramseion d'Egitto, il tempio di Salomone [..].
Ogni civiltà incomincia dalla teocrazia per finire nella democrazia. Questa legge per cui la libertà succede all'unità è scritta nell'architettura [..]. La cattedrale stessa, questo edificio così dogmatico un tempo, invasa ormai dalla borghesia, dal comune, dalla libertà, sfugge al dominio del prete e cade in potere dell'artista, che la costruisce a suo modo. Addio mistero, mito, legge.
Regnano la fantasia e il capriccio [..].
Il pensiero di allora era libero solo in questo modo: poteva essere scritto per intero solo su quei libri che erano chiamati edifici. Quello stesso pensiero, sotto forma di manoscritto, sarebbe stato bruciato sulla pubblica piazza per mano del boia, solo che avesse avuto l'imprudenza di correrne il rischio; ma, inciso sul portale di una chiesa, poteva assistere tranquillamente al supplizio di se stesso, scritto in un libro. Non avendo dunque altra strada per uscire alla luce, il pensiero si affannava dunque a costruire edifici [..].

Per finire, senza parole.

Perchè l'amore è come un albero: cresce da solo, spinge profondamente le sue radici in tutto il nostro essere, e spesso continua a verdeggiare sopra un cuore in rovina. E l'inesplicabile è questo: più la passione è cieca, più è tenace; non è mai tanto solida quando non ha ragione di essere.

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